« IL MEDITERRANEO NAPOLEONICO. SPAZI, MERCI, IDEE »
LE VICENDE DEI TRAFFICI COLONIALI E L'ATTIVITA DI UN'IMPRESA MERCANTILE A CADICE NEL PERIODO DEL BLOCCO
CONTINENTALE
Amedeo LEPORE
L'esame degli avvenimenti che hanno interessato Cadice
durante il blocco continentale può essere effettuato considerando un contesto
temporale più esteso di quello legato ai provvedimenti restrittivi adottati da
Napoleone nel 1806. In questo modo si riesce a cogliere da un unico punto di
osservazione il panorama frastagliato di una fase decisiva di svolta per il
principale centro commerciale spagnolo del Settecento. Nel periodo tra gli
ultimi anni del XVIII secolo e il primo ventennio del XIX secolo, si osserva
una complessiva ricollocazione della città sullo scenario interno ed europeo.
Cadice, infatti, inizia il passaggio da una posizione di netta preminenza negli
scambi con l'America e dal ruolo di cabecera
del commercio coloniale, una vera e propria testa di ponte tra una sponda e
l'altra dell'Atlantico, al ruolo più delimitato di centro dei traffici di
livello nazionale, prima, ed esclusivamente regionale, poi. Questi eventi
rappresentano anche simbolicamente la conclusione della parabola dell'Antico
Regime spagnolo, con l'epilogo definitivo di una lunga epoca di predominio monopolistico,
che attraverso il pacto colonial
aveva consentito, in assenza di un tessuto industriale diffuso, l'afflusso di
straordinarie ricchezze nella penisola iberica. Non era il brusco risveglio di un paese
precipitato da un regime di tipo imperiale al rango di nazione periferica, ma
l'avvio di una difficile transizione da un'economia-mondo in cui l'attività
commerciale aveva rappresentato l'anima delle relazioni tra il vecchio e il
nuovo continente ad una fase dello sviluppo mondiale in cui ciascuno Stato
avrebbe dovuto fare i conti fino in fondo con i problemi della modernizzazione
industriale del proprio apparato produttivo e della competizione per la
conquista di nuovi spazi di mercato. La Spagna si sarebbe presentata a questo
appuntamento attraverso una fase acuta di guerre, culminata con il blocco dei
collegamenti commerciali con i territori d'oltreoceano e con l'emancipazione
delle colonie americane. L'intero arco di tempo dei conflitti che videro
protagonisti la Spagna, l'Inghilterra e la Francia - e non solo gli anni in cui
ebbe concretamente effetto il «sistema continentale» napoleonico - è stato
definito come il periodo della «guerra de los bloqueos».
Cadice, uno dei nuclei urbani più antichi dell'occidente,
fin dalle sue origini aveva assunto il ruolo di città dedita all'attività
mercantile. Affacciata sull'Atlantico e proiettata verso le più disparate rotte
marittime, non rappresentava solo il margine estremo del continente europeo, il
confine tra civiltà e mondi diversi che attraverso di essa entravano in
relazione, ma era anche un punto di ritorno verso l'Europa e il Mediterraneo.
Nel corso di tutta la sua storia la città andalusa aveva fatto della sua
particolare dislocazione geografica e delle sue irripetibili condizioni
ambientali una fonte straordinaria di sostentamento e di ricchezza. Il mare da
cui è circondato questo sottile lembo di terra e che ne ha impedito
l'espansione verso le aree interne della Spagna è divenuto il principale mezzo,
se non l'esclusivo, per la realizzazione di un modello del tutto originale di
sviluppo economico. Quando, tra la fine del Settecento e l'inizio
dell'Ottocento, l'apparizione di una nuova nazione atlantica (gli Stati Uniti
d'America), lo scontro con la più forte potenza marittima europea (l'Inghilterra)
e la perdita dei possedimenti coloniali d'oltremare hanno aperto una nuova
tappa del dominio sull'Atlantico, l'epoca del controllo anglo-americano, Cadice è entrata nella fase più oscura della
sua vicenda storica, avviandosi verso un profondo declino economico.
L'oceano mite di Cadice non rassomigliava ancora al
"mar delle Tenebre", uno spazio marino insondabile e gravido di
pericoli, ma costituiva, al tempo stesso, l'inizio della più importante via di
commercio del pianeta, la Carrera de
Indias, e l'estroflessione delle principali caratteristiche dell'altro mare
europeo, il Mediterraneo. Infatti, la posizione favorevole della bahía gaditana, solcata da correnti
marine propizie ed esposta al vento di prealisio,
condizioni che spingevano naturalmente al viaggio di andata e ritorno per
l'America, rendeva estremamente indicata quella punta della penisola iberica,
poco distante dalle colonne d'Ercole, come centro di raccolta delle attività
mercantili che avevano caratterizzato l'economia mediterranea prima dello
spostamento del baricentro dei traffici europei verso l'area geografica del
Nuovo Mondo.
"L'Atlantico di Cadice" - per parafrasare
l'espressione di Chaunu relativa a Siviglia -, era divenuto sempre più, a partire dal momento
del descubrimiento, l'immenso spazio
attraverso cui si espandevano gli scambi mondiali, sopravanzando il
Mediterraneo (dopo averne ereditato gli strumenti e le prerogative
fondamentali) come centro degli interessi e dei traffici degli Stati con una
struttura commerciale più avanzata. Braudel ha mostrato come questo mutamento
di fondo nella storia dei mari e del loro predominio sia avvenuto con molta
gradualità e come il Mediterraneo abbia notevolmente contribuito alla
"costruzione" dell'Atlantico degli spagnoli.
Il processo di spostamento verso l'occidente atlantico
della «puerta y puerto de las Indias», dell'avamposto e del punto di approdo
delle attività mercantili, aveva toccato Cadice verso la fine del XVII secolo,
rendendola per tutto il corso del Settecento - una volta avvenuto il
trasferimento della Casa de la
Contratación da Siviglia e il conseguimento definitivo del monopolio del
commercio con le colonie - un punto chiave dell'economia continentale. Durante
questo periodo, considerato concordemente come il siglo de oro gaditano, Cadice rappresentò la città più prospera
della Spagna e uno dei principali centri di scambio dell'intera Europa,
divenendo luogo di attrazione di mercanti e case commerciali straniere, oltre
che di una qualificata immigrazione interna.
La caratteristica fondamentale del commercio gaditano era
l'organizzazione di una fitta rete di relazioni e di scambi imperniati sul comercio de comisión, cioè
sull'esaltazione di un'attività di intermediazione esattamente opposta a quella
individuale, per conto proprio o "di proprietà". Il metodo
comunemente usato era quello degli hombres
de paja, ovvero di prestanome locali, i quali esportavano le merci delle
case commerciali straniere, ricevendone in cambio una determinata percentuale
sul valore dei prodotti venduti o una somma di denaro prefissata. Bernal ha
notato che «los mercaderes gaditanos dieciochescos, salvo rara excepción, eran
meros comisionistas y testaferros». Questo fatto appariva, allo stesso tempo, come
una causa e un effetto della situazione economica locale: infatti, la scelta di
un ruolo di intermediazione pura dipendeva dalla scarsezza di capitali propria
dei mercanti gaditani e, a sua volta, creava un ostacolo alla formazione di
solide ricchezze in loco. Questo tipo
di attività permetteva un guadagno comodo e poco rischioso, e, tuttavia, non
stimolava la produzione interna, né favoriva alcun tipo di investimento: così,
i ricavi più consistenti dei traffici coloniali finivano nelle mani degli
stranieri. Nell'ultima fase del XVIII secolo, dopo l'impetuosa
"americanizzazione" dell'attività mercantile dei decenni precedenti,
si doveva registrare un cambiamento di questo modello, attraverso la
realizzazione di una sostanziale riduzione d'importanza del commercio su
commissione e l'avvio di un processo di ridimensionamento dell'orbita
commerciale della città, durante il quale «el comercio se gaditaniza».
I provvedimenti del 1765 e del 1778, che si proponevano
una graduale liberalizzazione del commercio, non ebbero come effetto la riduzione d'importanza
del porto gaditano. Cadice, infatti, visse il suo periodo di maggiore
prosperità, proprio nell'ultimo ventennio del XVIII secolo, grazie al radicamento e allo sviluppo delle
sue attività mercantili, che rimanevano ancora le più competitive dell'intera
penisola, superando di gran lunga quelle degli altri porti spagnoli autorizzati
agli scambi con l'America. I traffici commerciali crebbero come mai
prima: il volume delle esportazioni da Cadice verso
le colonie d'oltreoceano aumentò, tra il 1778 e il 1792, del 512%, arrivando a
rappresentare, nell'ultimo anno, il 76% del totale delle merci esportate dalla
Spagna con quella destinazione. Nel 1784, l'anno di un vero e proprio boom commerciale, le entrate del
commercio gaditano toccarono i 55.500.000 pesos
di 128 cuartos; si fecero sempre più intensi gli scambi con le
colonie, «á donde espendió Cádiz en 1792 por valor de rs. vn. 270.000,000 en
productos ó mercancias nacionales». Nel 1796 le merci esportate da Cadice
raggiunsero il valore di 196.613.795 reales
de vellón, secondo le stime effettuate in relazione al Reglamento de libre comercio (o di 225.992.615 reales de vellón, secondo i calcoli effettuati in base ai prezzi
correnti delle esportazioni).
La prosperità di Cadice dipendeva dallo sviluppo del suo
commercio e, fondamentalmente, dalle attività di scambio con le colonie
americane: ogni mutamento o interruzione delle rotte atlantiche, quindi, si
ripercuoteva sull'economia gaditana, privandola della risorsa principale e
della via d'acceso privilegiata della città, il suo mare. E l'inversione di
tendenza del commercio gaditano prese avvio nel quinquennio 1797-1801, con una
brusca rottura della fase di crescita economica determinata proprio
dall'interruzione dei collegamenti marittimi a causa dell'inizio del conflitto
con l'Inghilterra. I fattori che determinarono questa crisi erano di tipo
congiunturale, ma avevano anche un carattere strutturale, come l'incapacità di
Cadice di far fronte alla domanda coloniale di prodotti manifatturieri senza
ricorrere alle forniture straniere. Come ha osservato Fisher: «Es notorio que
la declaración de guerra por España contra Gran Bretaña, en agosto de 1796,
provocó una crisis sin precedentes para las relaciones comerciales entre la
metrópoli y sus posesiones americanas. Esta crisis tuvo varias facetas, aunque,
en términos generales, pueden reducirse a un punto simple: después de la
derrota de la armada española en el Cabo San Vicente (el 14 de febrero de
1797), el almirante Horatio Nelson, comandante de la armada británica, impuso
en abril un bloqueo del puerto de Cádiz, que paralizó el comercio
transatlántico de España».
Il volume dei traffici gaditani subì, in quegli anni, un
processo di grave contrazione, che, nonostante brevi fasi di recupero - tra il
1802 e il 1804, tra il 1809 e il 1810 -, si consolidò negli anni tra il 1813 e
il 1821, causando la decadenza del più importante porto commerciale della
penisola iberica e della città dominante nei traffici con le terre
d'oltreoceano, «auténtica capital mercantil de Europa» nel Settecento. La guerra, dunque, non può essere considerata
un elemento secondario della crisi di Cadice, visto che rappresenta un fattore
esterno di seria perturbazione dell'economia; tuttavia, assume un ruolo
determinante per il definitivo collasso delle attività commerciali gaditane
solo quando è associata al blocco dei collegamenti marittimi. Infatti, «En el
transcurso de las guerras que a fines del siglo XVIII y principios de la
centuria siguiente, sostuvo España contra Inglaterra, cada vez que ésta
bloqueaba la bahía, impidiendo la entrada y salida de navíos, Cádiz padecía sus
consecuencias de forma ostensible. Los productos más vitales escaseaban, subían
de precio, la actividad urbana se paralizaba, las casas comerciales se
declaraban en quiebra. La ciudad parecía morir de asfixia cada vez que le
cerraban esta puerta. Por el contrario, durante la guerra de Independencia,
cuando los franceses sitían la ciudad, por tierra, dejándole expedita la puerta
del Mar, Cádiz apenas si se resiente. Los productos siguen llegando a su bahía
con toda regularidad y la vida en su interior transcurre normalmente».
Le guerre marittime con l'Inghilterra, al di là delle
cause che le avevano motivate, fecero segnare il passo all'attività di
scambio: dal 1796, anno di avvio del conflitto, fino al 1802, quando si firmò
la pace di Amiens, il porto di Cadice si venne a trovare in una situazione di
completo isolamento, che impediva il proseguimento delle relazioni commerciali
con i possedimenti americani. Questo arresto delle transazioni fu il motivo
principale dell'adozione del decreto, con il quale si autorizzavano i paesi
rimasti neutrali durante le ostilità a commerciare con le colonie spagnole: il provvedimento, pur se di breve durata -
venne sospeso, infatti, nel 1799, per poi essere ripreso in altra forma -, destò una nuova consapevolezza negli abitanti
dei territori d'oltremare, che compresero le possibilità e i vantaggi di
sussistere autonomamente, sottraendosi al dominio della metropoli.
Cadice, a partire dal 1797, a causa del blocco del porto
da parte della flotta inglese di Nelson, subì una caduta verticale del volume delle sue
attività commerciali con le colonie: le esportazioni discesero ad un valore di
soli 4.858.843 reales de vellón (o
5.593.956, a seconda che le stime siano effettuate in relazione alle
valutazioni del Reglamento de libre
comercio o ai prezzi correnti delle merci esportate dalla città gaditana); le importazioni di prodotti coloniali furono
pari a 26.468 quintali e i capitali giunti alla Depositaría de Indias sommarono a 2.500 pesos fuertes. Il blocco della via di accesso al mare non
determinò solo effetti disastrosi per le attività mercantili gaditane, ma
provocò anche un grave squilibrio nei territori americani, dovuto alla mancanza
di approvvigionamenti, alla crescita inusitata dei prezzi delle merci europee e
alla difficoltà di smerciare le scorte esistenti dei prodotti locali. Questa
situazione venne affrontata, prima, facendo ricorso all'apertura di relazioni
con i paesi nord americani da parte delle colonie spagnole, poi, approfittando
della possibilità di commercio con le nazioni neutrali, nel periodo del
conflitto tra Spagna e Inghilterra.
Nei due anni successivi, sebbene le esportazioni avessero
sperimentato una certa ripresa, raggiungendo il valore di 16.709.076 (o di
19.381.624) reales de vellón, nel
1798, e di 61.042.173 (o di 71.606.123) reales
de vellón, nel 1799, il commercio gaditano continuò a permanere in
una situazione di generale ristagno. Tanto è vero che, nonostante l'abrogazione del
decreto del 1797, l'attività di scambio di Cadice conobbe una nuova brusca
caduta: nel 1800, infatti, le esportazioni scesero a 25.226.196 (o 29.340.895) reales de vellón, l'oro e l'argento
depositati non superarono i 1.464 pesos
fuertes; mentre, nel 1801 le esportazioni si fermarono a 37.663.732 (o
43.753.187) reales de vellón e le
importazioni dei prodotti coloniali più importanti si ridussero di circa il
50%, rispetto all'anno precedente.
In questo breve spazio di tempo che apriva il XIX secolo,
insieme ai fattori di crisi di tipo congiunturale, come le guerre marittime,
cui si aggiunse la svalutazione dei titoli del debito pubblico, cominciarono a
manifestarsi problemi di fondo dell'attività commerciale gaditana, che non appariva
più in grado di assicurare i rifornimenti necessari ai possedimenti coloniali e
che, ormai, veniva considerata dagli americani come una ingombrante struttura
di intermediazione. Gli anni di pace, tra il 1802 e il 1804, consentirono il
rilancio degli scambi commerciali del porto gaditano, che ritornarono a livelli
di normalità. Già nel 1802 tutte le voci mostravano un segno positivo: le
esportazioni risalirono a 211.946.314 (o 243.783.008) reales de vellón, le importazioni di tutti i prodotti coloniali
crebbero eccezionalmente e quelle di capitali ammontarono a 36.385.814 pesos fuertes e 31/2 reales. Nel 1803 le esportazioni furono pari a
231.820.929 (o 257.018.117) reales de
vellón, le importazioni di merci coloniali diminuirono, nel complesso, e le
rimesse di capitali discesero a 30.533.409 pesos
fuertes e 19 reales; nel 1804,
l'anno della ripresa del conflitto con l'Inghilterra, si ebbe una riduzione
delle esportazioni a 168.724.291 (o 199.111.113) reales de vellón e delle importazioni di capitali a 9.932.163 pesos fuertes e 11 reales. Quindi, si trattava di un ritorno alla
normalità di effimera durata, in un quadro generale di instabilità e di
regresso dell'economia gaditana. La contrazione dell'attività commerciale,
iniziata nuovamente a manifestarsi nel 1804, accelerò decisamente il suo ritmo
in corrispondenza con il disastro di Trafalgar, che portò la Spagna «no sólo a
la ruina como potencia naval, sino también como potencia económica».
Nel 1805 le esportazioni discesero a 25.258.204 (o 29.141.039)
reales de vellón, le importazioni di
prodotti coloniali ammontarono a soli 9.749 quintali e quelle di capitali a
563.582 pesos fuertes; nel 1806 le
esportazioni risalirono momentaneamente a 31.428.188 (o 36.849.630) reales de vellón, le importazioni di
prodotti delle colonie subirono, al contrario, un'ulteriore notevole
diminuzione, come quelle di capitali, che si ridussero alla cifra di 14.830 pesos fuertes; infine, nel 1807, l'anno in cui raggiunse il
culmine questa fase discedente dell'attività di scambio, le esportazioni
gaditane si fermarono ad un valore di soli 13.063.033 (o 14.874.208) reales de vellón, mentre le importazioni
diminuirono ancora, tanto che, per quelle di oro e argento, non fu registrato,
da parte della Depositaría de Indias,
l'arrivo di neppure una nave con capitali provenienti d'oltreoceano.
La fine dell'instabilità, che aveva caratterizzato le
transazioni marittime a cavallo dei secoli XVIII e XIX, corrispose al cambio di
alleanze internazionali della Spagna e alla consacrazione del dominio inglese
sull'Atlantico. In conseguenza delle nuove relazioni con l'Inghilterra, la
Spagna subì l'invasione del proprio territorio da parte dell'esercito
napoleonico, mentre dall'altra parte dell'oceano si avviarono i primi tentativi
per conseguire l'indipendenza dalla "madrepatria". In questo periodo:
«La coincidencia de ambos factores va a provocar un auténtico colapso dentro de
la economía peninsular». Tuttavia, mentre gli effetti della guerra
d'Indipendenza si avvertirono immediatamente, specialmente nella congiuntura
commerciale dei porti spagnoli, gli effetti del movimento di emancipazione
americano si fecero sentire solo a partire dal 1814. In questa fase la morsa
del blocco commerciale venne avvertita con minore drammaticità dai commercianti
di Cadice, proprio perché i rapporti con le colonie non apparivano
definitivamente compromessi e anche l'occupazione del territorio interno
spagnolo non rappresentava un ostacolo insormontabile, quando rimaneva aperto
lo sbocco del mare.
Il 1808 fu un anno di parziale recupero per il commercio
gaditano, dopo la paralisi degli anni precedenti: le esportazioni raggiunsero
il valore di 28.406.798 (o di 33.519.160) reales
de vellón; le importazioni di merci coloniali non conseguirono un risultato
analogo, visto che aumentò la quantità solo di pochi prodotti, all'interno di
una riduzione generale degli approvvigionamenti; mentre riprese quota
l'importazione di capitali, arrivando al livello di 10.780 pesos fuertes. Nel 1809, l'anno della firma del trattato di
alleanza tra Spagna e Gran Bretagna che consentì una discreta rianimazione
dell'attività mercantile gaditana, le esportazioni aumentarono fino alla cifra
di 106.171.745 (o di 121.884.361) reales
de vellón e diedero segni di recupero anche le importazioni, in particolare
quelle di capitali, che salirono a 17.023.050 pesos fuertes. Nel 1810, l'anno durante il quale iniziò
l'assedio di Cadice da parte delle truppe francesi, le esportazioni arrivarono
al valore di 113.136.476 (o di 133.200.097) reales
de vellón, le importazioni di prodotti coloniali, invece, diminuirono
dell'11,38% e quelle di capitali ebbero un incremento, raggiungendo i
43.682.138 pesos fuertes. Come è stato rilevato: «en un aspecto el sitio
de Cádiz fue absolutamente ficticio: la ciudad está tan bien abastecida como en
los días de paz, dándose el caso curioso de que son los sitiadores, por el
contrario, los que pasan en ocasiones hambre y necesidades. La explicación es
clara: el predominio hispanoinglés mantenía expedito el camino del mar». Il paradosso descritto da Solís era il dato
caratteristico della nuova fase di ostilità: mentre, durante le guerre
marittime, il porto gaditano era stato privato della sua principale risorsa, il
mare e le sue comunicazioni; nel periodo della guerra d'Indipendenza, Cadice,
assediata da terra, poteva sviluppare le sue relazioni attraverso la via
atlantica.
In quegli anni, comunque, il commercio gaditano avvertì
tutto il peso della guerra contro gli invasori francesi, che avevano turbato la
complessa dinamica di sviluppo delle forze produttive interne, aggravando la
difficoltà della Spagna di rifornire direttamente le colonie; a questo motivo
di crisi si aggiunsero l'avvio del processo di emancipazione dei territori
coloniali, le gravose spese di guerra e la svalutazione dei titoli del debito
pubblico: di conseguenza, anche quei dati che apparivano
confortanti, perlomeno dal punto di vista congiunturale, non avrebbero tardato
a riprendere un segno negativo.
Nel 1811 l'attività commerciale gaditana cominciò a
declinare nuovamente, confermando la tendenza alla contrazione dell'intero
periodo: le esportazioni si ridussero a 52.541.605 (o 60.464.194) reales de vellón; le importazioni di
merci coloniali ebbero un generale ridimensionamento, pari a più del 50%;
mentre le rimesse di capitali discesero a 9.375.853 pesos fuertes. Per il 1812, un anno molto importante per i
gaditani, in quanto segnò la proclamazione della Costituzione liberale e la
fine dell'assedio francese, sono insufficienti o mancano i dati più
significativi.
Il movimento di emancipazione americano, dopo quasi un
ventennio di assenza della Spagna dalle colonie, era, ormai, una realtà
concreta e ineludibile, che cominciò a indurre un mutamento di mentalità nei
protagonisti dell'economia gaditana: mentre Ferdinando VII restaurava
l'assolutismo e tentava di riportare i territori d'oltreoceano sotto il dominio
della Corona, decidendo la riproposizione del sistema esclusivistico soppresso
da las Cortes de Cádiz e praticando
una politica commerciale caratterizzata dall'assenza completa di libertà, le
classi mercantili, mostrando una nuova sensibilità al cambiamento degli scenari
in cui si svolgeva la loro attività, abbandonarono la vecchia idea del
monopolio e divennero aperte sostenitrici dell'adozione di misure liberali
nelle transazioni commerciali con le colonie. Tuttavia, prevalse l'impostazione
del sovrano spagnolo, che, così (nonostante il breve trionfo del realismo in tutte le province
d'oltremare, con la sola eccezione del viceregno di Río de la Plata):
«Contribuyó a acelerar el proceso revolucionario desencandenado algunos años
antes, privando de esta forma a la producción española de su principal mercado
y a la hacienda de su más importante fuente de recursos».
La carenza di dati, per i primi anni successivi alla fine
della guerra contro i francesi in terra gaditana, non consente una valutazione
precisa dell'andamento delle attività del porto di Cadice; gli studiosi del
periodo, però, sulla base delle informazioni parziali attualmente disponibili,
ipotizzano una rianimazione del commercio - limitata alla fase tra il 1813 e il
1816 -, che si sarebbe presto esaurita con il rientro di Cadice nel processo di
generale contrazione economica.
Durante il periodo che ebbe inizio nel 1817 la situazione
del commercio gaditano si fece di sempre più netta decadenza, con un declino
delle attività, che, ben presto, si tramutò in paralisi completa. Nel 1820, per effetto della decisione del
governo liberale di sospendere le ostilità contro il movimento indipendentista,
si ebbe un miglioramento, del tutto transitorio, delle transazioni commerciali.
Da questo momento in poi, mancano informazioni certe
sull'andamento dell'economia di Cadice, visto che anche le serie relative alle
esportazioni si interrompono, lasciando il campo solo ad indicazioni sulle
medie annuali delle merci in uscita dal porto gaditano. Le uniche notizie disponibili, di un qualche
rilievo, riguardano i fallimenti delle case commerciali, che, negli anni tra il
1811 e il 1824, chiusero in 227, su un totale di 600; il calo vertiginoso degli
armatori navali, che passarono, dai 300 di inizio secolo, ai 20 del 1824; la
riduzione della popolazione di un terzo circa, nel primo quarto del XIX secolo; la emigrazione di massa della classe mercantile
gaditana, che comportò la diminuzione all'ottava parte dei commercianti
stranieri residenti a Cadice. Questi dati, pur nella loro frammentarietà,
confermano la prosecuzione della contrazione dei traffici e l'aggravamento
ulteriore delle condizioni della città, dopo il 1821.
Con la separazione dei territori americani, una volta
conseguita la definitiva indipendenza nel 1824, si concluse il lungo periodo del predominio
coloniale spagnolo e del conseguente sviluppo di Cadice come capitale degli
scambi commerciali tra "i due mondi". Il declino delle attività mercantili era
iniziato al tempo delle guerre marittime e, pur raggiungendo il suo culmine
alla fine del primo ventennio del XIX secolo, aveva già prodotto una situazione
di profonda crisi e di perdita di ruolo della baia gaditana. Insieme ai fattori
esterni (le guerre contro l'Inghilterra, la guerra d'Indipendenza spagnola e
l'emancipazione dei paesi d'oltreoceano), altre cause, che avevano origine nella
struttura interna di Cadice e della Spagna, nonché nel peculiare meccanismo di
funzionamento dell'attività commerciale gaditana, contribuirono a determinare
l'irrimediabile decadenza della città.
Innanzitutto, la produzione agricola e industriale
nazionale non era affatto in grado di far fronte alla competizione degli altri
paesi europei per soddisfare la domanda americana, tanto è vero che la maggior
parte delle esportazioni coloniali era costituita da prodotti stranieri.
Inoltre, l'atteggiamento difensivo della borghesia gaditana, espressione di una
classe dedita prevalentemente al commercio su commissione e, quindi, poco
propensa al rischio e all'innovazione, favorì lo stabilirsi del predominio
straniero sui traffici commerciali con le terre d'oltreoceano. Il cerchio si
chiudeva, quando si considerava l'abitudine incrollabile delle classi
intermedie spagnole di imitare, anche attraverso varie forme di ennoblecimiento, i comportamenti dei membri dell'aristocrazia
nobiliare: i commercianti gaditani, in particolare, anziché investire
produttivamente le ricchezze accumulate con l'attività di scambio,
privilegiarono i lussi e gli ozi della vita agiata, dilapidando, in questo
modo, consistenti fortune e privando i settori fondamentali dell'economia di
quelle risorse finanziarie, che ne avrebbero potuto consentire il decollo.
Un
altro aspetto della decadenza di Cadice derivò dalle scelte conservatrici e
dalla sfasatura dei tempi di intervento del governo nel campo della politica
commerciale. La generalizzazione di un sistema di tipo
protezionistico e la vanificazione dei tentativi sporadici, compiuti nel primo
ventennio del XIX secolo, di affermare il liberismo economico erano il
frutto di un'attenzione esclusiva ai problemi dell'erario reale e dimostravano
una grave noncuranza per le potenzialità di svilupo dell'industria e
dell'agricoltura nazionali, che furono condannate, proprio nel periodo di più
intenso sviluppo degli altri concorrenti europei, a permanere in una condizione
di arretratezza.
In definitiva, si può convenire, per il caso specifico,
con l'analisi secondo cui «Cádiz era una ciudad por y para el comercio, pero
éste se orientó desde el descubrimiento del Nuevo Mundo al intercambio con
estos países, de modo que sin este inmenso mercado difícilmente podía conseguir
otra cosa más que ir subsistiendo. De aquel gran emporio comercial que fue
Cádiz en el siglo ilustrado no quedaban para sus comerciantes más que ruinas y
recuerdos por los que lamentarse». Questa situazione era il prodotto di due
diversi movimenti. Uno di lungo periodo, che era stato originato dai conflitti
che tra il 1797 e il 1824 avevano messo in evidenza i punti di debolezza
strutturale di un modello economico come quello gaditano, determinando
un'inversione di tendenza epocale nelle relazioni commerciali con i territori americani.
Uno di tipo congiunturale, secondo cui l'instaurazione del "sistema
continentale", specialmente durante gli anni dell'occupazione francese,
non aveva provocato la stagnazione completa delle attività commerciali, ma
aveva mantenuto aperta, attraverso la via del mare, la possibilità di un
livello accettabile degli scambi, sia pure del tutto episodicamente. Naturalmente, il risultato finale di questi
andamenti non uniformi fu il frutto di un mutamento di fondo negli orizzonti
dell'economia mondiale e si concretizzò nella definitiva disgregazione di un
tessuto commerciale peculiare che aveva fatto la fortuna di Cadice per oltre un
secolo.
L'introduzione di un caso specifico di studio nel
contesto fin qui tratteggiato può servire a verificare concretamente, anche se
con i limiti temporali e tematici riservati a quest'analisi, le modalità
attraverso cui un'impresa commerciale gaditana ha partecipato ad una delle fasi
più controverse e difficili dell'economia locale, ad un momento essenziale di
snodo della storia della Spagna atlantica. Del resto, un approccio di questo tipo tende a cogliere l'esigenza di
esaminare i focolai di una borghesia interna, che aveva a Cadice e Barcellona i
due centri più significativi di localizzazione, nell'ambito della loro attività peculiare,
cercando di evitare «un retorno a una historia económica de horizontes
limitados», ma avendo la consapevolezza «de la necesidad que tenemos de reunir
una masa suficiente de conocimientos concretos para poder pasar a una nueva y
más satisfactoria formulación teórica». Infatti, l'insufficienza delle informazioni
disponibili sulle attività commerciali, anche per il XIX secolo, dovrebbe
condurre a reperire nuove fonti documentarie per il commercio di origine
coloniale, che si possono rinvenire nella strumentazione privata, di tipo
contabile e amministrativo, adottata dall'impresa mercantile.
L'attività commerciale avviata a Cadice da Juan de
Agüera, un immigrato proveniente dalla regione
cantabrica, nella prima metà del XVIII secolo, e portata al suo massimo livello
di sviluppo da Francisco González de la Sierra, poco più di un secolo dopo, si
era collocata nel cuore del commercio coloniale spagnolo e aveva
imperturbabilmente solcato la scena mercantile gaditana durante tutto il
Settecento, l'Ottocento e buona parte del Novecento. La straordinaria longevità
della compañía "Almacén de
Agüera" ha evidenziato una caratteristica fondamentale di questa
iniziativa, che, pur collocandosi costantemente ad un
livello intermedio rispetto alle dimensioni delle altre attività mercantili, è
stata in grado di trovare una spinta - e una convenienza - duratura allo
svolgimento dei propri traffici, attraverso una posizione solo apparentemente
residuale, all'interno del meccanismo degli scambi coloniali. La scelta di
esercitare la compravendita su larga scala degli ultramarinos, per lo più generi alimentari e altre merci di scarso
valore, ha costituito il grande vantaggio, oltre che
il principale freno, di questa impresa gaditana. Grazie a un'impostazione di
grande avvedutezza e cautela, che derivava dai saldi legami familiari e
dall'antica esperienza commerciale dei componenti della società, ancor più che
da una limitata disponibilità di capitali, venne ricoperta una porzione di
mercato, oggi si direbbe una "nicchia", che consentì di intensificare
e diffondere l'attività mercantile, poggiandola sempre su una base di partenza
inattaccabile.
In questo modo, l'azienda, pur assumendo caratteristiche
del tutto simili a quelle presenti nelle diverse iniziative commerciali
dell'epoca in tutta l'area gaditana, riuscì a passare dalla fase più florida
dell'economia, determinata dalle ricchezze provenienti dai domini coloniali, a
quella più difficile per Cadice, iniziata con la perdita del monopolio
mercantile, senza subire il contraccolpo esiziale, che aveva portato al
fallimento attività molto più rigogliose, ma, anzi, proseguendo decisamente nel
suo itinerario di progressiva articolazione in una serie di empori, di negozi e
di botteghe, sparsi lungo il territorio della baia, che sembravano concorrere
alla formazione di una piccola "holding" ante litteram.
Nella multiforme attività della società "de
Agüera" e dei suoi membri, inoltre, si ritrovava puntualmente il carattere
polivalente del commerciante gaditano. Il punto di incontro tra le diverse
funzioni - svolte dalla stessa azienda o, anche, da un'unica persona - di
commercio all'ingrosso e al dettaglio, di commercio su commissione e di
rappresentanza, di finanziamento e di promozione di nuove società collettive, derivava
dalla particolare attività di intermediazione esistente a Cadice, in virtù
della quale le merci e la loro movimentazione erano al centro del commercio e i
relativi guadagni scaturivano più da una elevata capacità di conduzione dei
traffici a buon fine, che da cospicui impieghi di risorse o dal possesso di
ingenti capitali.
Il dato costante della gestione interna, che nasceva
dalla natura familiare dell'impresa e dalla necessità di sostenere
economicamente i gruppi operanti a Cadice, come quelli rientrati nella regione
cantabrica, era quello della parsimonia e del risparmio, o meglio, della
utilità e dell'oculatezza degli impieghi. L'azienda, pur essendo notevolmente
progredita nel corso dei primi decenni di azione e avendo assunto i caratteri
di un insieme aggregato di attività, si basava sempre sul lavoro dei familiari,
anche di quelli acquisiti di origine gaditana, e faceva un moderato ricorso al
credito, che era quello normalmente richiesto per il pagamento delle forniture
commerciali. Dai libri contabili, come dalle altre fonti informative,
non emergevano particolari forme di investimento, che non fossero quelle di
tipo immobiliare, né spese diverse da quelle strettamente indispensabili per la
conduzione dell'impresa. Naturalmente,
tale impostazione comportava anche un ostacolo all'accumulazione, che veniva
mantenuta nei confini stabiliti nella fase di costituzione delle società:
questo rilievo consente, altresì, di provare il valore primario assegnato
all'arte del commercio, cioè, alle tecniche mercantili, oltre che alla
competenza e all'esperienza dei soggetti che operavano a nome della compañía.
Nel nostro caso, quindi, alla naturale propensione ad un
buon risultato di breve periodo, si univa una forma specifica di valorizzazione
futura dell'attività commerciale: non potendosi fare affidamento sugli
investimenti di capitali, l'accumulazione veniva effettuata, soprattuto, in
capacità umane e in tecniche di organizzazione, tutti elementi che costituivano
i fattori discriminanti per il successo del negozio di intermediazione. Queste
caratteristiche consentirono di vivere meno drammaticamente le fasi di
stagnazione o di crisi, che non ebbero come effetto il blocco o la scomparsa
dell'attività, ma provocarono danni più contenuti rispetto a quelli subiti da
iniziative più grandi. Tuttavia, non bisogna dimenticare gli aspetti negativi
di questa configurazione aziendale. Nella vicenda della compañía "Almacén de Agüera", non si verificò quanto
sosteneva Braudel sulla corrispondenza tra la diffusione di un'attività e le
sue dimensioni. Infatti, se è vero che lo spazio di un mercante è determinato
dai suoi rapporti con gli acquirenti, i fornitori, i prestatori e i creditori,
nella situazione concreta dell'impresa gaditana, non è accaduto, se non a
tratti, che si potesse avvalorare l'affermazione, secondo cui «più lo spazio è
largo, più il mercante preso in esame è da supporsi in linea di principio
importante, e spesso lo è anche di fatto».
All'inizio dell'ultimo ventennio del Settecento, l'Almacén de Agüera, sede principale
dell'attività commerciale, era ormai diventato il centro di comando di una rete
estesa di affari, costituita essenzialmente da esercizi di generi alimentari e
ramificata su gran parte dell'area territoriale intorno a Cadice. La società
principale gestiva direttamente le tiendas
e le tabernas che facevano capo al
complesso commerciale o partecipava con propri rappresentanti alla formazione e
alla gestione delle nuove compañías
del gruppo.
Durante questo periodo di fine secolo, che fu anche quello
di maggiore prosperità per l'intera economia gaditana, le dimensioni
dell'impresa si ampliarono considerevolmente, convertendosi da un'attività di
tipo familiare di piccola portata e di carattere localistico, ad un'azienda
commerciale di media grandezza, presente in varie città dell'area (Cadice,
Jerez de la Frontera, la Carraca, Puerto de Santa María, Puerto Real, San
Fernando e Sanlúcar de Barrameda). Si poteva, quindi, facilmente constatare che
«ya a finales del siglo XVIII los gerentes nombrados al efecto administran una
amplia red comercial en la Bahía Gaditana». Inoltre, nel corso di questa fase, il volume
d'affari dell'azienda conobbe un incremento consistente, come si può verificare
dai dati contenuti nel libro giornale del negozio principale: infatti, il
valore dei beni disponibili per il mercato aumentò, passando da 47.821 reales de plata, nel 1780, a 54.503, nel
1785, a 61.321 reales de plata e
mezzo cuarto, nel 1790, e a 66.240,
nel 1797. La natura dell'attività commerciale non mutò,
continuando a riguardare, come era avvenuto fin dalle origini, la distribuzione
e la vendita, su scala locale, di generi alimentari interni e di beni
provenienti d'oltremare. Il passaggio più significativo, tra quelli
relativi alla creazione di nuove società da parte della ditta principale, fu
rappresentato dalla costituzione della compañía
denominata Bodegas de la Arboledilla,
che si occupava della distribuzione di vino ed era, tra le attività del gruppo,
quella dotata del maggiore «líquido caudal» (capitale netto), pari a 912.271 reales de vellón.
Nell'ultimo ventennio del secolo, dunque, il complesso
commerciale denominato "Almacén de Agüera y Cía" aveva compiuto
grandi passi in avanti, incrementando notevolmente la propria partecipazione ai
traffici su tutto il territorio gaditano, contribuendo alla formazione di nuove
società di distribuzione e di vendita, diversificando le proprie attività e la
tipologia delle merci scambiate, aumentando il volume di affari aziendale.
L'impresa gestita da un nucleo familiare originario della regione cantabrica
era divenuta, ormai, pienamente rappresentativa della realtà economica di
Cadice, che in quegli anni aveva raggiunto il suo massimo livello di crescita.
È stato, infatti, confermato che: «A finales del siglo XVIII y bajo la
administración de Benito Glz. Tánago el conjunto de estas empresas forman un
gran conglomerado con negocios de tipo muy variado, llegando a poseer barcos
propios, como el que compran en 1798, el bergantín "Nuestra Señora del
Carmen", un navío que carga más de 300 toneladas de mercancía y cuya
actividad se desarrolla entre Cádiz y las Islas de Barlovento».
A partire da quest'epoca, contrassegnata da una serie di
risultati molto positivi, iniziava una nuova fase della storia dell'azienda
commerciale gaditana, che nel secolo successivo - dopo qualche decennio
trascorso in condizioni di difficoltà, di stasi o di riorganizzazione - avrebbe
proseguito e rafforzato il suo processo di espansione, puntando sui mercati
d'oltreoceano. I primi anni dell'Ottocento, tuttavia, furono caratterizzati da
un andamento altalenante dell'attività commerciale, frutto di una tendenza alla
contrazione del volume d'affari, che caratterizzò l'intero settore della
distribuzione e degli scambi nel territorio di Cadice, a causa dei conflitti
incessanti e del blocco ripetuto dei collegamenti con i territori d'oltremare.
I dati relativi all'Almacén de Agüera,
confermano le difficoltà che si trovò ad affrontare il commercio gaditano in
quel periodo. L'inversione di tendenza, che aveva preso avvio, a Cadice nel
quinquennio 1797-1801 con una brusca rottura del ciclo espansivo precedente, fu
netta anche per l'emporio principale dell'azienda gaditana, che vide passare il
valore dei beni disponibili per il mercato da 66.240 reales de plata, nel 1797, a 52.840, nel 1800, e a 31.044, nel
1802. Nel 1806 si registrò un nuovo incremento di
tale valore, che raggiunse i 50.299 reales
de plata e 2 cuartos: tuttavia, nonostante questo sintomo di
recupero, la crisi in cui era precipitata la città condizionava anche l'azienda
degli Agüera, che avrebbe ripreso un percorso di netta ascesa solo dopo diversi
anni.
L'occupazione francese e il conseguente assedio di Cadice
da parte delle truppe napoleoniche contribuirono a frenare ulteriormente la
ripresa dell'azienda, che fu colpita in questo periodo da una crisi, oltre che
di tipo economico, anche di natura organizzativa e gestionale. In generale,
tutto il commercio gaditano subì un duro colpo a causa del conflitto contro gli
invasori, che aveva ulteriormente complicato i collegamenti mercantili,
rendendo sempre meno agevoli i rifornimenti verso l'esterno e gli
approvvigionamenti interni. Tuttavia, al termine degli eventi bellici, mentre
l'attività mercantile della città continuava a presentarsi in decremento e
l'avvio del processo di emancipazione delle colonie determinava un serio
ridimensionamento dell'intera economia di Cadice, l'impresa fondata dagli
Agüera riprese il suo cammino, intensificando, oltre alla diffusione degli
scambi interni, anche la partecipazione ai traffici internazionali. Uno degli
elementi fondamentali di questa crescita, che differenzia l'andamento a lungo
termine dell'impresa da quello complessivo dei traffici coloniali, è,
probabilmente, da ascrivere al processo di riorganizzazione e di consolidamento
imprenditoriale, che nel corso dei primi decenni del XIX secolo interessò il
complesso commerciale sorto e sviluppatosi a Cadice. Il recupero avvenne
lentamente e fu complicato da un importante fattore di ritardo, rappresentato
dalla molteplicità dei familiari che detenevano partecipazioni nelle singole
società del gruppo e svolgevano funzioni di conduzione aziendale.
Ben lungi dal considerare l'attività di tipo familiare
come un limite per la crescita dell'impresa gaditana - che ricevette
sicuramente un forte impulso operativo, con una riduzione dei costi di gestione
e una semplificazione dell'organizzazione interna, dalla numerosa presenza di
consanguinei e dalla rete dei rapporti parentali - vanno, comunque, rilevati i
vincoli che pesavano sulle possibilità di uno sviluppo ulteriore del complesso
commerciale. L'azienda fondata dagli Agüera fu caratterizzata fin dall'inizio
dalla provenienza dalle regioni cantabriche e, in particolare dalla provincia
di Santander, del nucleo di comando e dei proprietari dell'impresa, ma,
soprattutto, da un fenomeno di marcata endogamia. Questo fatto era motivato,
probabilmente, oltre che dai costumi dell'epoca, dalla tradizione familiare e
dal forte legame con la regione di provenienza, anche dall'esigenza di non
spostare all'esterno del nucleo originario (e dei successori legittimi) gli
interessi economici connessi con l'esercizio dell'attività di distribuzione e
di scambio. Tuttavia, la permanenza dell'Almacén
de Agüera nell'orbita di una stessa famiglia, per quanto essa fosse vasta,
non consentì una "contaminazione", in tempi brevi, di
quell'esperienza con la realtà locale e, soprattutto, privò l'azienda di
potenzialità umane e di risorse specialistiche, che apparivano tanto più
necessarie durante le fasi di espansione del commercio.
Una prima valutazione d'insieme dell'attività
dell'azienda gaditana, per questo periodo, può essere ricavata dai dati
disponibili per l'emporio principale, riguardanti i primi anni anni del XIX
secolo. Il valore dei beni disponibili nell'Almacén
de Agüera era passato dai 50.299 reales
de plata e 2 cuartos, dell'ultima
rilevazione disponibile nel 1806, ai 79.153 reales
de plata e 12 e mezzo cuartos del
1814, ai 91.721 reales de plata e 14
e mezzo cuartos del 1822; mentre, cambiata
l'unità di conto, il risultato fu pari a 156.031 reales de vellón, nel 1824, l'anno della
fine del dominio coloniale. Tuttavia, è possibile ricavare un quadro più
significativo e definito dell'andamento aziendale in un periodo cruciale di
svolta dell'economia gaditana, facendo riferimento ad ulteriori indicazioni
contenute nei bilanci e nelle altre registrazioni del nucleo centrale del
complesso commerciale di Cadice. Attraverso i dati contenuti nei libri
contabili dell'Almacén de Agüera -
dal giorno della costituzione della nuova ditta, il 12 giugno 1770, fino
all'ultimo passaggio di questa seconda fase dell'attività aziendale, il
rendiconto del 9 giugno 1828 -, è stato possibile ricostruire una serie di
valori relativa ad una variabile economica fondamentale per la comprensione
dell'evoluzione del complesso commerciale gaditano, un indicatore di cui
mancano informazioni per gli anni più remoti: gli utili netti e le modalità
della loro distribuzione.
I conti di questo lungo periodo mettono in evidenza i
costi e i ricavi dell'azienda, secondo un andamento che sembra seguire, in
stretta corrispondenza, quello delle trasformazioni economiche della città: si
tratta della testimonianza di un percorso commerciale e di risultati che non si
muovevano in controtendenza rispetto ai fenomeni più generali di sviluppo (o di
contrazione) dell'area gaditana. Anche se la somiglianza di certi valori,
alcune incongruenze o la stessa costruzione degli aggregati finanziari possono
far pensare a degli artifici contabili, a registrazioni di partite che
servivano a nascondere una reatà più complessa, non possono essere sminuiti il
notevole significato e la novità, per l'epoca considerata, dei dati
disponibili.
Gli utili più consistenti erano, naturalmente, quelli
riferiti agli intervalli di tempo più lunghi, a cavallo tra l'ultima fase del
Settecento e il primo periodo dell'Ottocento; tuttavia, con una più attenta
ponderazione, si può notare come i risultati più rilevanti siano stati
conseguiti a partire dalla metà degli anni ottanta del XVIII secolo, nel
momento di maggiore prosperità dell'intera economia di Cadice. Questa
osservazione viene confortata dall'andamento aggregato degli utili netti
aziendali, che raggiunsero i loro massimi livelli nel corso dell'ultimo ventennio
del 1700, per subire, poi, una prima diminuzione nel decennio iniziale del
1800; tra il 1810 e il 1820, si accentuò la tendenza al decremento, ma la fase
più negativa corrispose proprio a quella finale dell'Almacén de Agüera, che condusse allo scioglimento e alla
trasformazione della società nel 1828. Durante tutto il periodo considerato,
gli utili netti furono completamente distribuiti tra i soci, seguendo il
criterio della corrispondenza con le quote di partecipazione alla compañía. Questi dati contabili, tuttavia, non
contribuiscono a fare piena luce sul fenomeno del finanziamento dell'attività
commerciale, mancando ogni riferimento all'entità del capitale impiegato - se
non negli atti costitutivi delle società e nei bilanci di liquidazione -, agli
ammortamenti, agli investimenti effettuati e ai mezzi per far fronte ai
fabbisogni economici di lungo termine. Il funzionamento concreto della compañía lasciava trasparire un certo
immobilismo in relazione a temi strategici, come quello del rafforzamento della
struttura aziendale e del ricorso alle risorse interne per la crescita e
l'innovazione d'impresa. Infatti, mentre nei bilanci non comparivano, in alcun
momento, quote di utili destinate agli investimenti e il capitale sociale -
nonché la sua ripartizione tra i soggetti interessati - mutava quasi
esclusivamente in occasione di nuovi ingressi nella società, la filosofia
dell'impresa sembrava orientarsi verso due capisaldi fondamentali: il
contenimento dei costi sostenuti nel corso dell'iniziativa commerciale,
attraverso la standardizzazione delle procedure organizzative e l'adozione
della tecnica della "commissione"; l'ampio utilizzo dei tradizionali
strumenti di credito - non tanto il préstamo
marittimo gaditano, quanto la letra de
cambio vera e propria - per finanziare le negoziazioni e intensificare
l'attività di scambio.
Dalla disamina delle vicende dell'impresa "Almacén
de Agüera y Cía", concentrate nell'arco di tempo più difficile e
tormentato della città postasi a lungo al centro dei mercati delle due opposte
sponde dell'Atlantico, possiamo trarre l'indicazione di una notevole
corrispondenza tra il cambiamento della congiuntura economica locale e i
risultati puntuali dell'attività aziendale. Questa circostanza assume un
rilievo particolare nelle fasi di conflitto e di crisi. Infatti, si è
dimostrato che le guerre e il blocco continentale hanno rappresentato dei
fattori di freno e di involuzione generale, intervenendo negativamente sia
sulla struttura e sulle relazioni mercantili nel loro complesso che sulle
singole attività commerciali. Inoltre, il loro impatto e la loro carica
perturbatrice sono stati ancora più forti, perché hanno assunto anche il valore
simbolico di un taglio con il passato e di una inversione di tendenza storica,
interagendo con gli altri eventi interni al contesto economico gaditano, che
hanno causato la definitiva chiusura del siglo
de oro e della supremazia commerciale di Cadice.
Nella realtà della città andalusa il blocco dei traffici,
il «sistema continentale» instauratosi nell'età napoleonica, ha avuto un
duplice significato: quando il mare è stato bloccato, si è fermata ogni
attività e la crisi è divenuta inarrestabile; quando lo sbocco marittimo si è
riaperto, anche le situazioni più complicate, come l'assedio terrestre dei francesi,
sono state superate brillantemente e si sono potuti contenere gli effetti di
una fase sfavorevole. Quindi, il blocco non poteva essere permanente, visto, peraltro, l'andamento altalenante
delle alleanze spagnole e la scelta maturata nel 1808 di affiancare gli
inglesi, divenuti ormai assoluti dominatori dei mari. Né tantomeno gli eventi
bellici potevano incidere da soli sul destino di Cadice, considerata la
particolare conformazione della città e la sua singolare dislocazione
geografica. Anche da questi fattori naturali, infatti, nasceva l'aspirazione ad
una intensa libertà di iniziativa, alla costruzione di un ambiente economico
aperto, in grado di favorire l'affermazione delle forze sociali e delle imprese
maggiormente rivolte al mercato - sia pure del tutto peculiare, «libre y
protegido» - che aveva caratterizzato la metropoli degli scambi coloniali.
Dal punto di vista strutturale, tuttavia, la
corrispondenza tra le tendenze generali e quelle aziendali non era assoluta:
l'impresa gaditana riuscì a superare la crisi, si impegnò in una difficile
opera di riorganizzazione e riuscì a conseguire i suoi più elevati livelli di
sviluppo - con una netta propensione verso i mercati d'oltremare e dell'Europa
del Nord - nei decenni a cavallo della metà dell'Ottocento, in relazione ad una
fase di ripresa dell'economia, anche se la città permaneva in uno stato di
decadenza. Questo fatto mette in rilievo come, al di là di ogni determinismo,
l'azione individuale unita alla consapevolezza degli obiettivi di un'organizzazione
economica può consentire di varcare i limiti imposti dall'ambiente e dalle
condizioni geografiche, da eventi esterni come la guerra e da una struttura
sociale elementare, sapendo trasformare questi vincoli in opportunità di
sviluppo: a Cadice questa sfida è stata raccolta da diversi uomini alacri ed
intraprendenti, che non si sono fermati di fronte alle barriere più dure,
riuscendo a solcare tre secoli di storia con una piccola imbarcazione, la loro
multiforme attività commerciale.